
Il treno ritarda, tanto per cambiare.
Mi siedo, già stanca, sulla prima panchina che mi si presenta a portata di sguardo e al minimo dispendio energetico e cinetico per le mie gambe.
Intorno, gente che per venti minuti aspetta in piedi che una carretta arrugginita ci porti a Catania esprimendo a voce alta, rammaricata e/o indignata, l'impossibilità di accomodare le chiappe sulle panche per via di qualche goccia d'acqua, residuo del temporale della notte.Io non me ne ero nemmeno accorta, e qualora fosse accaduto, mi sarei seduta lo stesso; qualora l'acqua avesse potuto inzupparmi le mutande, avrei al massimo asciugato con un fazzolettino e mi sarei seduta senza pensarci.
Ma io non faccio testo, sono l'incarnazione della pigrizia, e baratterei, in situazioni come queste, un posto a sedere anche con un rene.
Questa gente, penso mentre la ascolto parlare guardando dritta di fronte a me, per non offrire alcun appiglio per un eventuale coinvolgimento delle discussioni, si preoccupa di due gocce di acqua piovana su una panchina della stazione, ma probabilmente non si accorge di come piove nella sua vita.
Queste donne e questi uomini hanno coniugi, figli, amici, lavoro: tante storie per due gocce, e chissà quante cose non vanno nelle loro asciutte vite.
Ma cosa mi tocca sentire su questo treno di pendolari?
Una signora coi capelli gialli, una borsa di simil pelle, un paio di scarponcini da trekking grigi e un orologio sportivo di plastica nero e arancione va predicando che la comunione va fatta ai bambini il prima possibile per cacciare da loro il male.
Aveva un figlio "ostu, stottu e ugghiusu, ci fici a comunione e ci passari tutti cosi", e poi continua, senza nesso stavolta "gli ortodossi sono migliori, più cattolici di noi!"
Mi chiedo da dove le provenga tutta questa voce, tutto questo animo, a quest'ora di mattina e col treno in un ritardo mostruoso.
Io sto pensando a tutte le cose che avevo da fare, incasellate come un puzzle, che ora vedo ammucchiato, pezzetto su pezzetto, per dispetto di un bambino capriccioso.
Mi accorgo, inorridita, che anche altri passeggeri dello stesso gruppo di poltrone alimentano questo folle discorso, ma dove sono finita, sul vagone di Geova?
La signora racconta che il prete della sua parrocchia si lamenta durante l'omelia se qualche donna si soffia con un ventaglio.
Penso che ogni tanto ci vorrebbe una calamità purificatrice.
Peste, locuste, qualcosa insomma.
Ora la donna ha le mani intrecciate sulle ginocchia di jeans, io guardo fuori dal finestrino, ma pois colorati, fatti come con la neve spray, riempiono il vetro.
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