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venerdì 27 novembre 2009

...pensiero...



Tra mura medievali, assurde geometrie. Nebbia. Montagne tutto intorno.Il verde non vulcanico. I viali con le foglie rosse. La pioggia troppo forte. I laghi che quando piove diventano scuri e densi, di petrolio.

lunedì 26 ottobre 2009

Un dolce incantesimo


http://www.youtube.com/watch?v=1eDfOB4nA6E


Che cosa vuoi di più,
la vita fa così
e rimaniamo soli di fronte a un universo di possibilità…

Perchè ho incontrato te(…e crechiamo dei legami )
perchè finisce qui (… che amiamo e poi spezziamo)
e scivoliamo via in campi di forza che non comprendiamo mai

E io ti porto via con me contro tutti gli occhi che incontrerò un dolce incantesimo ,
un sogno lontanissimo qui in fondo all’anima…

Non si regala mai il cuore che hai,
si presta ogni tanto senza maschera nell’intimità

Per riscoprirsi poi (… siamo vittime incoscienti )
più strani che mai (dare e avere il bene e il male)
nel lento meccanismo di questa stupida casualità..

E io ti porto via con me contro tutti gli occhi che incontrerò
un dolce incantesim,
un sogno lontanissimo qui in fondo all’anima

E io ti porto via con me dentro ogni, pensiero ogni mio respiro un dolce incantesimo
un sogno lontanissimo che
mi proteggerà….

E io ti porto via con me lungo questo viaggio che farò un dolce incantesimo,
un sogno lontanissimo che che mi proteggerà , e …
e io ti porto via … (che cosa vuoi di più, la vita fa così e rimaniamo soli )
e io ti porto via ( non si regala mai il cuore che hai si presta ogni tanto ) e io ti porto via con me ….

lunedì 19 ottobre 2009

venerdì 16 ottobre 2009

Scorpione (23 ottobre-22 novembre)





Secondo l'astrologia occidentale, lo scorpione è un segno zodiacale fisso, femminile e d'acqua. È governato da Plutone e da Marte; in questo segno Urano si trova in esaltazione, Venere in esilio, la Luna in caduta. È opposto al segno del Toro.

I suoi colori portafortuna sono il rosso, il nero e il blu scuro. La sua pietra portafortuna è il rubino, il suo minerale è il ferro. Le sue piante sono l'orchidea, il rododendro e la tuberosa.

Le persone con posizioni di rilievo in questo segno hanno un temperamento passionale, coraggioso, introverso, possessivo, indipendente, vendicativo e a volte crudele.
Testardi e permalosi, sono dotati di un'ironia sferzante.
Riescono a spiazzare chi sta loro accanto in virtù della loro sottigliezza argomentativa.
La vita consiste per loro in una feroce lotta individualista: questo fa sì che gli Scorpioni non provino quasi mai pietà, soprattutto per chi è ritenuto più debole.

Per questo gli Scorpioni vivono in costante polemica con tutto e tutti, ma soprattutto con se stessi. Capaci di amare e di odiare, perennemente combattuti tra desiderio di pace e bisogno di guerra, sono bravissimi nell'indagare i segreti degli altri, ma anche nell’individuare i propri punti deboli e (a volte) nell’ammettere le proprie colpe. Sono, infatti, terribilmente orgogliosi e hanno un’alta consapevolezza di se', ma nascondono una sensibilità profonda che può mettere a rischio la loro sicurezza e spesso li rende preda del dubbio. Così, difficilmente esprimono le loro emozioni, scaricandole, piuttosto, violentemente.

Amano come nessun altro sa fare e sono capaci di sorprendere con dolcezze improvvise, con gesti (più che con parole) dettati da quel connubio di timidezza e passione che li caratterizza, ma pretendono altrettanto e questa esigenza rende complesse le loro relazioni amorose. Esigenti dal punto di vista estetico, per gli Scorpioni la componente mentale e quella fisica vanno però di pari passo e la passione non scatta se l’oggetto del desiderio non nasconde nulla oltre l’apparenza. Per questo sia il sesso che l’erotismo hanno un ruolo fondamentale nella loro vita, spesso con una venatura sadomasochista.
Gli Scorpioni sanno essere gli amici più fidati; sono selettivi perché l’amicizia è per loro come un dono, da concedere a pochi, esaltante e da coltivare quindi con la massima cura.
Ovviamente, che si tratti d'amore o d'amicizia, uno Scorpione tradito non dimentica e la vendetta sarà sempre in agguato.

lunedì 28 settembre 2009

Felini domestici

Lui cammina svelto e concentrato, con le gambette magre e leggermente storte.
La pancia tonda, il pelo corto ma disordinato.
Due leccatine al giorno, il minimo storico dello standard felino.
Lui dorme per terra, nei posti polverosi, dietro ai divani.
Quando piove lui sceglie accuratamente l'angolo più sporco di tutto il balcone per poi sdraiarvisi sopra e rotolarsi senza ritegno, beato..
Ha un bellissimo disegno sul pancino, sembra un gheparto bianco e arancione.
Entra in casa con le zampe sporche di terra e lascia adorabili impronte ovunque.
Quando sente lo sciacquone spunta trafelato da qualunque angolo della casa e poi si infila tutto dentro il water, lasciando traccia del suo passaggio a causa delle suddette zampette non proprio splendenti
Mangia tutto quel che gli capita, lische soprattutto.
Odora sempre un po' di terra, di foglie, nonostante i bagni.
Il suo sguardo di miele è sempre curioso e vivace.




Lei è altera con due smeraldi al posto degli occhi.
Argentata, col suo pelo lungo e folto, è semplicemente sontuosa.
Molle, avanza sui marmi rilassata, ancheggiando leggermente, sulle sue gambette gonfie di pelo.
Sempre in posa, si sposta da un divano al letto, dalla poltrona ai mobili con la consueta alterigia, guardando il circostante con chiaro disprezzo.
In balcone, prende il sole sdraiata sulla panca.Per terra, non sia mai.
Tra le 1000 e le 1500 le leccate giornaliere di toelettatura ordinaria di manutenzione. Se dovesse concedervi, previa autorizzazione scritta, il privilegio di accarezzarla, maniacalmente poco dopo andrebbe a lisciarsi la parte coinvolta.
Miagola aggraziata, spilucca solo ciò che le garba.
A occhi socchiusi, sonnecchia tra i cuscini, sperando, al risveglio, che si siano trasformati in seta e broccato.

martedì 22 settembre 2009

Se una mattina d'autunno un viaggiatore...


Il treno ritarda, tanto per cambiare.
Mi siedo, già stanca, sulla prima panchina che mi si presenta a portata di sguardo e al minimo dispendio energetico e cinetico per le mie gambe.
Intorno, gente che per venti minuti aspetta in piedi che una carretta arrugginita ci porti a Catania esprimendo a voce alta, rammaricata e/o indignata, l'impossibilità di accomodare le chiappe sulle panche per via di qualche goccia d'acqua, residuo del temporale della notte.Io non me ne ero nemmeno accorta, e qualora fosse accaduto, mi sarei seduta lo stesso; qualora l'acqua avesse potuto inzupparmi le mutande, avrei al massimo asciugato con un fazzolettino e mi sarei seduta senza pensarci.
Ma io non faccio testo, sono l'incarnazione della pigrizia, e baratterei, in situazioni come queste, un posto a sedere anche con un rene.
Questa gente, penso mentre la ascolto parlare guardando dritta di fronte a me, per non offrire alcun appiglio per un eventuale coinvolgimento delle discussioni, si preoccupa di due gocce di acqua piovana su una panchina della stazione, ma probabilmente non si accorge di come piove nella sua vita.
Queste donne e questi uomini hanno coniugi, figli, amici, lavoro: tante storie per due gocce, e chissà quante cose non vanno nelle loro asciutte vite.

Ma cosa mi tocca sentire su questo treno di pendolari?
Una signora coi capelli gialli, una borsa di simil pelle, un paio di scarponcini da trekking grigi e un orologio sportivo di plastica nero e arancione va predicando che la comunione va fatta ai bambini il prima possibile per cacciare da loro il male.
Aveva un figlio "ostu, stottu e ugghiusu, ci fici a comunione e ci passari tutti cosi", e poi continua, senza nesso stavolta "gli ortodossi sono migliori, più cattolici di noi!"
Mi chiedo da dove le provenga tutta questa voce, tutto questo animo, a quest'ora di mattina e col treno in un ritardo mostruoso.
Io sto pensando a tutte le cose che avevo da fare, incasellate come un puzzle, che ora vedo ammucchiato, pezzetto su pezzetto, per dispetto di un bambino capriccioso.
Mi accorgo, inorridita, che anche altri passeggeri dello stesso gruppo di poltrone alimentano questo folle discorso, ma dove sono finita, sul vagone di Geova?
La signora racconta che il prete della sua parrocchia si lamenta durante l'omelia se qualche donna si soffia con un ventaglio.
Penso che ogni tanto ci vorrebbe una calamità purificatrice.
Peste, locuste, qualcosa insomma.
Ora la donna ha le mani intrecciate sulle ginocchia di jeans, io guardo fuori dal finestrino, ma pois colorati, fatti come con la neve spray, riempiono il vetro.

lunedì 21 settembre 2009

Perchè un geometra del Comune non vale meno di un tenente dell'Esercito


Mi chiedo se la morte di un uomo in mimetica valga di più della dipartita di un uomo in tuta e scarpe anti-infortunistica.
Ogni qualvolta si assiste alla pur sempre dolorosa perdita di connazionali impiegati all'estero in missioni governative (di pace o di guerra, non importa)il Ministro degli Esteri di turno si mostra con la voce rotta e gli occhi lucidi, i giornalisti celebrano i poveri morti come gli ultimi uomini con un ideale, vittime sacrificali del nemico più o meno invisibile, eroi della postmodernità confusa.
Si gonfiano come mongolfiere nell'aria le opininioni dei cittadini, immediatamente patriottici e addolorati, come se in quel mucchietto di morti fosse sepolto l'intero orgoglio nazionale, come se una enorme sacca di lacrime pronte a versarsi fosse stata infilzata da uno spillo, e di lì una fiumara di detriti taglienti abbia preso a scorrere, quasi autonoma e impetuosa, per i tortuosi sentieri della retorica per poi giungere, fangosa, fino al mare della dimenticanza.
La scomparsa di un connazionale, di un uomo, è sempre un evento drammatico, e inevitabilmente genera immedesimazione, tristezza, rabbia.
é quasi come se tutto il dolore delle solitudini personali convergesse nella perdita di una generica persona sconosciuta, che assomma in sè il pianto di tutte le perdite del mondo.
Due occhi in una fototessera, e il soldato morto diventa figlio, fratello, fidanzato di tutti noi.
Il soldato altro non è se non un impiegato: un uomo stipendiato per svolgere il suo lavoro.Come un insegnante, un carabiniere, un geometra del Comune, un medico della a.s.l., un mozzo su una nave.
Esistono lavori più o meno pericolosi, più o meno pagati, anche in proporzione ai rischi che si corrono.
I soldati morti in Afghanistan, o in qualunque altro inferno, sono uomini morti sul lavoro.
Come gli operai, i muratori che ogni giorno muoiono nei cantieri, nelle fabbriche.
Perchè per certi morti proclamiamo il lutto nazionale, facciamo i funerali di stato, e altri scompaiono nel silenzio più vergognoso?
Un soldato serve lo Stato? é un volontario non stipendiato per caso?
O lavora, giustamente, per il benessere dei suoi figli, per pagare un mutuo, per sposarsi?
Chi muore mentre si guadagnava il pane, ma muore con le stellette sul petto, merita forse più lacrime di chi muore con una chiave inglese tra le mani sporche di grasso?
Cordoglio per tutti i padri che muoiono mentre lavorano per le loro famiglie, sono tutti eroi, o nessuno.

sabato 19 settembre 2009

^.^

Giuro, questo è l'ultimo...ora basta con le cose melense!


giovedì 17 settembre 2009

13 spunti per la vita




1 -Ti amo non per chi sei ma per chi sono io quando sono con te.

2 -Nessuna persona merita le tue lacrime, e chi le merita sicuramente non ti farà piangere.

3 -Il fatto che una persona non ti ami come tu vorresti non vuol dire che non ti ami con tutta se stessa.

4 -Un vero amico è chi ti prende per la mano e ti tocca il cuore.

5 -Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai.

6 -Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste, perché non sai chi potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.

7 -Forse per il mondo sei solo una persona, ma per qualche persona sei tutto il mondo.
8 -Non passare il tempo con qualcuno che non sia disposto a passarlo con te.

9 -Forse Dio vuole che tu conosca molte persone sbagliate prima di conoscere la persona giusta, in modo che, quando finalmente la conoscerai, tu sappia essere grato.

10-Non piangere perché qualcosa finisce, sorridi perché è accaduta.

11-Ci sarà sempre chi ti critica, l’unica cosa da fare è continuare ad avere fiducia, stando attento a chi darai fiducia due volte.

12-Cambia in una persona migliore e assicurati di sapere bene chi sei prima di conoscere qualcun’altro e aspettarti che questa persona sappia chi sei.

13-Non sforzarti tanto, le cose migliori accadono quando meno te le aspetti.
"Tutto quello che accade, accade per una ragione"

Gabriel Garcìa Màrquez

Prima...


Prima di partire per un lungo viaggio

Porta con te la voglia di non tornare più

Prima di non essere d'accordo

Prova ad ascoltare un po' di più

Prima di non essere da sola

Prova a pensare se stai bene tu

Prima di pretendere qualcosa

Prova a pensare a quello che… dai tu

Non è facile però

È tutto qui

Non è facile però

È tutto qui

mercoledì 16 settembre 2009

lunedì 14 settembre 2009

venerdì 11 settembre 2009

Open Arms







Whatever happened to truth
Lost without a trace

Whatever happened to the mirror
That showed me a happy face
Whatever happened to sorry
You know it’s never too late

Whatever happened to good things coming

Coming to those who wait
Whatever happened to this city

It’s not like it used to be

Whatever happened to you

Whatever happened to me

Gotta look myself in the eye

And say it’s gonna be alright

Maybe everything won’t be alright

All the timeI’ve gotta take these chances where they are

It’s gonna be alrightI’ve gotta see things for what they are

At the time

Lost with no place to begin
I’ll slowly adjust to the sun just face I’m in

Whatever happened to the listof things I wanted to be

Whatever happened to you

Whatever happened to me

Gotta look myself in the eye
And say it’s gonna be alright

Maybe everything won’t be alright
All the timeI’ve gotta take these chances where they are

And it’s gonna be alrightI’ve gotta see things for what they are

At the time, at the time

Yeah the words are on the seam

Ready to receive

I’m the ocean you’re the stream
Ready to receiveIt’s like open arms to me

Ready to, ready to receive

Gotta look myself in the eye


And say it’s gonna be alrightMaybe everything won’t be alright

All the time
No, I’ve gotta take these chances where they are

And it’s gonna be alright

I’ve gotta see things for what they are
At the timeI’ve gotta see things for what they are

At the time,At the time

domenica 16 agosto 2009

...sembrava la preistoria...

...invece era la Sicilia...

mercoledì 5 agosto 2009

Il conto delle minne: recensioni

http://www.girodivite.it/Il-conto-delle-minne-di-Giuseppina.html







La signora sorridente qui sotto è la dott.ssa Torregrossa, con un vassoio di morbide "minne":

La copertina del libro, che riscuote da poco dopo la sua pubblicazione il successo del pubblico:














martedì 4 agosto 2009

...


...di notte anche la fiamma della ciminiera può sembrare una stella...

venerdì 31 luglio 2009

giovedì 30 luglio 2009

fossili e fantasmi



Questo è un posto dal quale si può solo provenire.



giovedì 16 luglio 2009

è tutta una questione di equilibrio



Gli stupidi sono fondamentali in ogni società:

se non esistessero, come farebbero gli altri a spiccare?

mercoledì 15 luglio 2009

Faq Italia su Recensionilibri

Sono lieta di presentare la mia prima collaborazione con recensionilibri:

http://www.recensionilibri.org/2009/07/faq-italia.html

Tempi moderni...



Lo sapevate che gli orologi degli alberghi di Hong Kong segnano anche i nanosecondi?


Ma i nanosecondi non servono a nessun appuntamento...

martedì 14 luglio 2009

EmiGraRe


Georges Simenon così spiegò la propria emigrazione e tutte le emigrazioni:





Sono nato nel buio, sotto la pioggia, e me ne sono andato. I crimini che racconto sono i crimini che avrei commesso se non me ne fossi andato. Sono uno di quelli che hanno avuto fortuna. Cos’altro si può dire di quelli che hanno avuto fortuna se non che se ne sono andati?

citato da Francesco Merlo in "Faq Italia", Bompiani, 2009.


La luna ignora che è tranquilla e chiara

Nemmeno può sapere che è la luna;

La sabbia che è la sabbia. Non c'è una

Cosa che sa che la sua forma è rara


(Jorge Luis Borges, Non si sa nulla)

lunedì 13 luglio 2009

Una domanda, un titolo

1. Sei uomo o donna?
Madame Bovary (G.Flaubert)

2. Descriviti:
Io uccido (G.Faletti)

3. Cosa provano le persone quando stanno con te?
L'insostenibile legegrezza dell'essere (M.Kundera)

4. Descrivi la tua relazione precedente:
Il giorno prima della felicità (E.De Luca)

5. Descrivi la tua relazione corrente:
La cosa più dolce (D.Lessing)

6. Dove vorresti trovarti?
Una casa ai confini del mondo (M.Cunningham)

7. Come ti senti nei riguardi dell'amore?
La pioggia non spegne il desiderio (V.Olmi)

8. Com'è la tua vita?
Guerra e pace (Tolstoj)

9. Che cosa chiederesti se avessi a disposizione un solo desiderio?
La grammatica di Dio (Stefano Benni)

10. Di' qualcosa di saggio...
La neve se ne frega (Ligabue)

11. Una musica:
Canne al Vento (G.Deledda)

12. Chi o cosa temi?
Cent'anni di solitudine (G.G.Marquez)

13. Un rimpianto:
Alla ricerca del tempo perduto (M.Proust)

14. Un consiglio per chi è più giovane:
Io non ho paura (N.Ammaniti)

15. Da evitare accuratamente:
Il processo (Kafka)

L'utopia del sogno al tramonto



Fa freddo, anche se è da poco finita l’estate.
I primi acquazzoni ci sorprendono imprevedibili, in queste giornate dall’aria fresca in cui mi sento straordinariamente libera a camminare per strada.
Sembra che l’autunno abbia aspettato troppo a lungo e ora ogni respiro è già una foglia rossa.
Strano effetto,questa stagione dagli occhi lucidi, ogni giorno posso amarla e detestarla, il sole oscilla con il mio umore tra una nuvola e la montagna.
Ora è tristezza, lungomare grigio e panchina, un attimo dopo è tepore di una serata casalinga e thè caldo.
Ora è guscio, dopo è fuga…
Alzo già stanca la serranda e l’aria vellutata sul viso mi riempie di valorosi proponimenti per la giornata: mi sporgo dalla finestrella del mio monolocale e mi sento davvero disposta a concludere qualcosa di buono oggi.
Da sola le giornate sono più diluite, a volte interminabili: ho i miei ritmi, posso lasciare il letto disfatto, gli abiti in giro e il disordine può regnare sovrano, ma io mi sento assolutamente padrona della mia esistenza, di ogni singolo inutile granello di polvere che soggiorna sulla scrivania, mi incorono regina della finestra dimenticata aperta, degli utensili a marinare nel lavello, del dentifricio spremuto male e dei cerchi di the accanto ai libri ammassati a pila.
Lo stress condensa i miei tempi: cammino senza sosta dalla mattina alla sera e poi in casa ritaglio minuti per organizzarmi tra studio, lavoro e solitudine.
Qui che la mia vita di prima è vanificata non è facile trovare qualcuno con cui parlare: non conosco nessuno e forse non mi interessa conoscere nessuno, mi piace camminare con lo sguardo alto, perso e lontano, tanto non posso incontrare nessuno da salutare, mi piace fare colazione al bar e suscitare curiosità, andare in edicola sapendo che non ci tornerò mai più.
Discorsi intavolati con chiunque possa consacrarmi un briciolo di interesse, promesse e sorrisi, e poi non ci saremo più.
Penso ogni volta che appena tornerò a casa, nella mia vita, questa gente per la quale ora io sono un’abitudine si renderà conto all’improvviso che non mi faccio vedere da una, due, quattro settimane…e dopo un attimo di riflessione decreterà che non mi si vede da un sacco, chissà che fine ho fatto.
E poi non mi penserà più nessuno, e io probabilmente farò altrettanto.
Stupefacente come le vite possano intrecciarsi fitte spontaneamente e con altrettanta facilità sciogliersi per sempre.
Anime in affitto, nient’altro che questo.
Lui di ieri l’ho incontrato, visto crescere, abbandonato e ora non so che vita abbia, che luce negli occhi, che libri sul comodino, che treni prenda, se pensa mai le cose che diceva a me, se crede ancora nella giustizia e nel romanticismo, chi ascolta ora le cose che dice...
Non so se tra un rigo e l’altro di un libro di poesie, o naufrago dentro le note di una canzone di qualche anno fa, pensi a me con un pizzico di nostalgia e si chieda cosa ne sia stato della mia vita, dei miei sogni, se siano ancora vivi i miei desideri.
Non voglio sapere con chi fa l’amore e dove dorme, se la mattina si alza subito al suono della sveglia o rimane a letto coperto fin sopra la testa dal piumone, non ho mi riflettuto sulla sua quotidianità, tanto non mi appartiene.
Per me è solo nostalgia.
Per me è una spiaggia lunga immersa nella foschia, dove si scorgono solo tre pescatori e un cane.
Lui di oggi è un’isola dispersa a chilometri dalla terraferma.
Sospiro e per un attimo trattengo il fiato, poi esco di corsa e prendo il tram.
Oggi è sabato, lo si sente nelle voci dei ragazzi che escono da scuola, lo capisco dai papà che aspettano fuori dalle scuole elementari,dai sorrisi degli impiegati che vanno via dagli uffici, dalla ragazza che sorridendo raccoglie i mille fogli sfuggiti dalla carpetta, dai toni delle discussioni ai telefonini, dai carrelli al supermercato.
Per me forse sarà un giorno come un altro, anzi più proficuo perché domani riuscirò a dormire e a studiare un po’ di più e se mi impegno riuscirò anche a non sentirmi troppo sola.
Chiamo le mie amiche ogni tanto ma ognuna ha la sua vita e i suoi interrogativi: per venti minuti o anche un’ora a volte parliamo, ridiamo quasi illudendoci di essere vicine, inzuppare biscotti nel the aromatizzato al tavolo di un bar del centro, il cameriere mi sorride e tutt’intorno brulica di entusiasmo e vita, un panorama impressionista di uomini in giacca e cravatta, signore avvolte in lunghi vaporosi foulard di seta, una ragazza con lunghi capelli ricci che parla troppo appassionata di politica a colui che di fronte vorrebbe averla solo per un allegro intermezzo serale, un anziano professore in pensione, donne troppo truccate e tristi, profumi e onde psichedeliche, ma quando il telefono rimane muto mi guardo intorno e vedo alberi, vuote panchine di marmo e qualche viso estraneo a me e imperturbabile rispetto a tutto il resto.
Non vedo strade piccole con balconcini stretti e ringhiere sottili e arrugginite contro cui sventolano abiti troppo usati ma appesi con grazia, non ci sono porte che danno sulle strade, da cui si intravedono tende gonfiate dal vento e interni umili che sprigionano odore di minestrone e cipolle.
Nessun palazzo dietro la pescheria con l’intonaco che sembra essere stato strappato via per rabbia verso una vita misera, nessun ingresso buio anche di giorno e odore di frittura per le scale dagli spigoli arrotondati per l’usura, e soffitti alti e lucernari e vicine coi bigodini affacciate.
Nessuna strada bagnata e arancione dei lampioni riflesso sul basolato.
Cerco tra i vicoli angoli nuovi come i gatti randagi, odoro il pane di un panificio sporco, i medici dell’ospedale camminano con in mano le arance omaggio dell’ambulante con la motoape.
Città sei bella perché credevo di averti persa.
Ti fotografavo di notte, in movimento sull’automobile, eri diventata lampioni e portoni sfocati da appendere a un muro di una cittadina straniera e invece sei di nuovo mia, come se ti scoprissi ogni giorno proprio io per la prima volta.
Abbastanza piccola per non sentirsi soli e abbastanza grande per coltivare l’illusione di essere liberi e sconosciuti, abbastanza luminosa per alzare gli occhi e mangiare il sole, buia a sufficienza quando non si può rimandare un bacio.
Per amarti non bisogna conoscerti troppo a fondo per non soffrire di ogni tua sofferenza.
Passeggiando osservo ogni cancello, sento la vita palpitare nella tromba delle scale, nelle porte che sbattono, nel campanello che suona, nelle persiane che vengono alzate, nelle rughe delle vecchie e in quelle dei tuoi muri.
Mi manchi, vorrei che tu sapessi che mi sei mancato.
Le foto insieme non le guardo da troppo tempo, ho paura che tu possa farmi male, ma ora che sono lontana dai nostri luoghi riesco a definirti meglio dentro di me.
Due ore di treno e la stazione di Milano è grigia come dal lunedì al venerdì e qualcuno evidentemente di fretta mi spintona con violenza, il capostazione coglie il mio sguardo di disapprovazione e fastidio e sembra volermi dare ragione con una leggera scrollatina di spalle che al tempo stesso lo esonera dall’espressione di un giudizio.
Cammino saltellando leggermente e mi sento per un attimo felice e profondamente radicata nella mia persona, in quel luogo, dentro i miei vestiti, nei miei pensieri, tra una nuvola e un foglio di giornale che vola per la strada.
Ti vedo appoggiato al grande ingresso della stazione, sembri non pienamente corporeo, un po’ di fronte a me, un po’ fantasma di te stesso, perso nel vapore denso dei tanti anni passati.
Il pomeriggio trascorre assai lietamente, ma ogni minuto lo sento scorrere come gocce di sangue perdute da un dito ferito, tra la confidenza dell’aver condiviso tanto e l’incertezza di essere assai cambiati, delusi da questo fluire non sempre regolare, traditi dalle promesse fatte a noi stessi prima che agli altri, sfiduciati per la mancanza di un paio di occhi nudi che chiedono speranza.
Ma che senso ha scommettersi sapendo di perdere, cambiarsi pur coscienti di non potere essere compatibili, amarsi sapendo che poi sarà solo un sordo rancore o forse l’indifferenza a consumare il tempo davanti un vetro con gocce di pioggia che scendono scavando percorsi irripetibili?
Sognavo te, me e un mondo nuovo, e dopo tanto parlare e arrabbiarsi, discutere e ricominciare, niente più voci alte e occhi lucidi, solo lacrime sulle guance rosse.
Ti riconosco mentre sei odore peli e denti e io ti respiro nell’orecchio e penso intanto a come tenerti stretto, a come graffiarti, vorrei farti sanguinare, mi chiedo a cosa pensi, che nome sussurrano i tuoi ricordi quando con la lingua vai sempre più in fondo.
Pian piano sparisce tutto, mi sento sola e non ho più fiato né voglia, ho paura di quello che provo.
Più ti perdo e più ti vorrei, più mi sfuggi e più ti rincorro, speranza del mio passato, riserva di sorrisi e stelle...
Tu sapevi che c’ero quando non c’eri e ho saputo che c’eri quando tu non potevi esserci.
E ora che tu non sei più tu e io sono ombra di quel che ero, o forse statua di marmo bagnato, cosa ne faremo dei fiori secchi e dei sassi sulla mensola, del pallone abbandonato nel prato tra gli oleandri e del muretto sul mare ad ottobre?
Non sai chi eri, sei solo dentro di me, tra panorami e calligrafie ti vedo ancora e capisco che non ti avrò mai più..
Dove ti sei nascosto, eri diverso, lacrime e sale, ora dove vai non lo sai nemmeno tu…
Candela e sogno, io che volevo esplodere in una rivoluzione sono forse rimasta fedele a me stessa e tu non hai il tuo sapore e fiato…
Meglio non averti cercato, avrei dovuto perderti, o avevo bisogno di distruggerti dopo averti plasmato?
Non capisci le parole che ti attraversano, tu che vivevi in bilico delle mie frasi a metà e sapevi completare e aggiungere e sottolineare sfumature che neanch’io sapevo di poter pensare…
Tu che soffiavi sulla polvere dei miei quaderni a metà e stringevi le mani sul treno mentre attraversavamo montagne di presepi notturni…
Tu che dormivi piano contro le mie spalle e mi coprivi gli occhi e li aprivo e ridevi, io che parlavo sapendo che almeno uno mi capiva come io stessa non avrei saputo…
Piove e l’ombrello vorrei dimenticarlo in libreria, camminare e bagnarmi perdendo l’autobus e imprecare contro tutti, poi piangere su una panchina fin quando non si ferma qualcuno.
Piove e io vorrei non essere qui o rimanerci tutta la sera, ritroverei ancora un quartiere nuovo, una pizza fredda e sorrisi ciechi?
Vorrei dirti di nuovo addio, arrabbiarmi e annegarti nel mio rancore ma è tutto troppo amaro e non mi basta pensare che sei sempre stato così…cartapesta e libri, voglia di condividere e orizzonti infiniti.
Non possiamo scegliere noi quante possibilità darci, è rimasta solo cera tiepida e dita bruciate.
Rimango qui nel sottopassaggio e tutti mi passano accanto, tu non saprai, appoggiato al finestrino, cosa mi passa tra le mani e i piedi.
Bruciano gli occhi e la penna vacilla, spengo questo giorno e vorrei non averti mai perso, anzi non averti mai avuto.
Vuoto dei miei pomeriggi, voce sulle note di un’alba fresca e sudata, dove riposerai adesso che la luna non ci guarda, allucinazione di una notte stordita…?
Non saremo mai più quello che eravamo, la nostra forza è sepolta sotto i mari, e gli scogli e le onde rimescolano anni di passeggiate al buio.
“Però ci rivediamo settimana prossima, arriverò a questa stessa ora, tu aspettami” e sento il treno, come una lumaca squagliata dal sole, lentamente muoversi.



2008